Alcune precisazioni sulla tecnologia e sul mercato italiano
a cura di Enzo Riccio
Negli ultimi giorni si discute spesso, e in modo molto confuso, come talvolta accade nel Belpaese, dell’ingresso di Elon Musk nel mercato italiano delle telecomunicazioni (TLC). Potrebbe creare sfracelli, favorito, come pare, da un atteggiamento governativo favorevole: le tante foto degli “occhi dolci” tra lui e Giorgia (sono una donna, sono una madre, ecc. ecc.) fanno discutere.
Ma è davvero così?
Proviamo a mettere ordine. Iniziamo col dire che Elon Musk, con Starlink, è già presente nel mercato italiano della banda larga per clienti finali residenziali e imprese. L’offerta, disponibile anche in Italia (https://www.starlink.com/it), non sembra né particolarmente conveniente né performante rispetto alle altre principali soluzioni a banda larga o ultralarga disponibili. Tipicamente, in Italia queste sono Fibra fino al Cabinet (FTTC) o, meglio ancora, Fibra fino a casa (FTTH).
Senza entrare in troppi dettagli tecnici, l’offerta satellitare in genere non raggiunge velocità paragonabili a FTTH e a malapena può essere confrontata con FTTC. Per esempio, Starlink dichiara un massimo teorico di 150 Mbit/s, ma ritengo che sia un valore difficilmente, se non impossibilmente, raggiungibile con l’offerta base da 29 euro al mese a bassa priorità. Sebbene migliore di altre offerte satellitari, grazie ai satelliti di Musk a bassa quota (che migliorano la latenza), nemmeno la stabilità di queste connessioni sembra essere un punto di forza. Per le connessioni satellitari, la latenza è generalmente più alta e quindi peggiore, compromettendo prestazioni per attività come streaming o gaming rispetto alle connessioni in fibra.
Oltre al canone mensile, c’è da considerare anche il costo dell’ingombrante antenna, aggiuntivo e tutt’altro che trascurabile: oltre 300 euro una tantum. Personalmente, considero Starlink una soluzione adatta a casi “quasi disperati”, dove non c’è copertura in fibra né mobile (FWA, Fixed Wireless Access). Quest’ultima, specie con il 5G, può rappresentare un’alternativa intermedia tra FTTC e FTTH, migliore del satellite. In località estremamente isolate, come cocuzzoli di montagna, foreste o scogli, Starlink può essere una valida opzione. Anche l’offerta di “roaming” per connessioni mobili, ad esempio per camper di nomadi digitali o eventi in località remote, può avere una certa attrattiva. Tuttavia, oggi parliamo di mercati di nicchia, come direbbero gli esperti di marketing.
In futuro, con l’aumento del numero di satelliti, antenne più compatte e soprattutto costi più bassi, questa nicchia di mercato potrebbe ampliarsi, e il vulcanico Elon potrebbe fare concorrenza agli operatori tradizionali. Tuttavia, come sottolineano gli altri operatori, sarebbe necessario che anche lui giocasse con le stesse regole del mercato italiano.
Se vogliamo approfondire il contesto italiano della banda larga, il rapporto DESI (Digital Economy and Society Index) della Commissione Europea, o la sua evoluzione “Digital Decade 2024”, evidenzia che in Italia il problema è più legato alla domanda che all’offerta. Il nostro deficit è principalmente nelle competenze digitali, più che nella connettività e nella copertura. Il rapporto esamina vari aspetti della trasformazione digitale, come copertura e infrastrutture, competenze digitali e integrazione dei servizi digitali nella Pubblica Amministrazione.
Per quanto riguarda le infrastrutture, è da sfatare il mito del grande ritardo italiano. Sebbene siamo sotto la media europea per la banda ultralarga fissa (non per il 5G, dove siamo avanti, considerando che il mercato mobile in Italia è storicamente più sviluppato di quello fisso), ci sono ancora zone poco o per nulla coperte dalla FTTH. Tuttavia, i passi avanti fatti negli ultimi anni, anche grazie a incentivi pubblici come il Piano per le Aree Bianche e il Piano 1 Giga, sono significativi. Il vero problema è il gap tra copertura e penetrazione (effettivo utilizzo), che evidenzia la necessità di stimolare la domanda, piuttosto che continuare a investire esclusivamente nell’offerta.
Anche nell’integrazione digitale della PA sono stati fatti progressi, specie negli ultimi anni. L’App IO, al di là di alcuni intoppi e ritardi, è un’ottima iniziativa, e bisognerebbe insistere su questa strada, promuovendo nuove soluzioni come il voto elettronico per elezioni e referendum. Gli strumenti come SPID e CIE esistono già: semplificarli e spiegarli meglio ne favorirebbe una diffusione più ampia.
Infine, è fondamentale investire in education e promuovere la cultura digitale non solo nelle scuole ma anche per chi non le frequenta più, inclusa una popolazione sempre più anziana. L’Italia è uno dei paesi europei con il più basso livello di competenze digitali (superando solo Polonia, Bulgaria e Romania) e pochi laureati in ICT. Sarebbe utile riproporre un’operazione come “Non è mai troppo tardi” per il digitale, sfruttando la TV e altri mezzi di comunicazione per combattere l’analfabetismo digitale, ormai un nuovo fenomeno di ritorno.
Per quanto riguarda l’offerta satellitare, tornando a Elon Musk, riconosco che è un personaggio con intuizioni geniali (da PayPal a Tesla, fino a Starlink e SpaceX), ma personalmente lo trovo poco simpatico per alcune sue opinioni politiche, che considero deliranti. Detto ciò, l’utilizzo delle infrastrutture di Starlink per comunicazioni sicure e criptate, di alto interesse strategico per la difesa e l’intelligence, apre scenari diversi e più politici. Su questo fronte, però, si entra in questioni di scelte strategiche per il paese e del rapporto tra Europa e Stati Uniti.