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Brand Experience vs. Customer Experience

"Il brand è una promessa. La buona Customer Experience è mantenerla."
Philip Kotler

Differenze, importanza strategica e sinergie attivabili

1. Perché parlarne insieme?

Negli ultimi anni questi due concetti sono entrati stabilmente nel vocabolario di marketing, design e gestione aziendale. Spesso vengono usati come sinonimi, ma in realtà giocano ruoli complementari. Capire bene dove divergono e dove s’incontrano è essenziale per costruire strategie coerenti e redditizie.

2. Definizioni operative

Per comprendere a fondo le differenze e le sinergie tra Brand Experience (BX) e Customer Experience (CX), è utile partire da una definizione operativa dei due concetti, osservando anche i ruoli coinvolti e l’orizzonte temporale di ciascuno.

Brand Experience (BX) si riferisce all’insieme di sensazioni, emozioni, pensieri e comportamenti che un brand è in grado di suscitare nelle persone. Questa esperienza prende forma attraverso tutti gli stimoli collegati al marchio: dal logo al packaging, dal design degli spazi di vendita alla pubblicità, dal tono di voce della comunicazione fino al purpose, ovvero alla missione più profonda che il brand dichiara di incarnare. Il focus principale della BX è la promessa di marca. Le figure coinvolte in questo processo sono solitamente i team di marketing, comunicazione, design e il top management aziendale. Si tratta di un lavoro strategico che si sviluppa su un orizzonte temporale medio-lungo, con l’obiettivo di costruire una forte equity di marca.

Customer Experience (CX) invece riguarda la percezione complessiva che un cliente matura nel tempo, interagendo con l’azienda in tutti i punti di contatto, lungo l’intero percorso di relazione: dal momento del pre-acquisto, passando per l’acquisto vero e proprio, fino all’assistenza post-vendita e al supporto continuo. La CX si basa quindi sull’esperienza vissuta concretamente e pone al centro la prestazione effettiva dell’azienda. I principali attori coinvolti sono i team vendite, customer service, operations, IT e le figure a diretto contatto con i clienti. A differenza della BX, la CX si sviluppa su un orizzonte temporale continuo, ed è fatta di “momenti della verità” quotidiani.

In sintesi, come amo dire:

“La Brand Experience è identità e aspettativa.
La Customer Experience è realtà vissuta.
Quando queste due dimensioni si allineano, generano fiducia. Quando invece divergono, si crea disillusione e frustrazione.”


Roberto Bernabò

3. Principali differenze in profondità

Sebbene Brand Experience (BX) e Customer Experience (CX) siano due facce della stessa medaglia – entrambe centrali nella relazione tra un’azienda e il suo pubblico – presentano differenze strutturali profonde, che vale la pena chiarire nel dettaglio.

1. Origine del contenuto
La Brand Experience si sviluppa secondo una logica inside-out. Questo significa che nasce da dentro l’azienda: è l’organizzazione stessa che definisce cosa vuole rappresentare, quale messaggio intende comunicare al mercato e quali valori desidera incarnare. È un atto strategico e intenzionale, spesso guidato da agenzie creative o team marketing che modellano la percezione del brand attraverso elementi simbolici, narrativi e sensoriali.

Al contrario, la Customer Experience adotta un approccio outside-in: il suo punto di partenza è il cliente e la sua valutazione concreta di ciò che l’azienda fa. È frutto dell’esperienza reale, quotidiana, che le persone hanno nei vari punti di contatto. Non è l’azienda a stabilire se la CX è positiva o meno: è il cliente, in base alla qualità percepita delle interazioni, a costruirsi la sua opinione.

2. Obiettivo primario
L’obiettivo della Brand Experience è generare differenziazione simbolica ed emozionale. In un mercato saturo, dove tanti prodotti e servizi si somigliano, il brand può distinguersi solo se riesce a evocare emozioni, costruire legami identitari e posizionarsi in modo unico nella mente delle persone.

La Customer Experience, invece, ha un obiettivo più concreto: creare valore d’uso, facilitare la vita del cliente, garantire semplicità, efficienza e soddisfazione in ogni interazione. In breve: se la BX attira, la CX fidelizza.

3. Metriche tipiche
Le due esperienze vengono misurate con strumenti diversi. La Brand Experience utilizza indicatori come la Brand Awareness (quanto è conosciuto il brand), la Brand Equity (il valore percepito della marca), la Share of Voice (quanto spazio occupa nei media e nel dialogo pubblico) e le associazioni valoriali (cioè i valori e le emozioni che vengono collegati al brand).

  • La Customer Experience, invece, si misura con strumenti più legati alla performance e alla relazione: tra questi il Net Promoter Score (NPS):

Net Promoter Score (NPS)

un indicatore molto utilizzato dalle aziende orientate alla Customer Experience, che indica la probabilità che un cliente consigli l’azienda a parenti e amici.

  • Il Customer Satisfaction Score (CSAT), che rileva il livello di soddisfazione.
  • Il Customer Effort Score (CES), che misura quanto sforzo il cliente ha dovuto compiere per ottenere ciò che voleva;

e poi ancora il churn rate (tasso di abbandono), il tasso di riacquisto e il tempo medio di risoluzione dei ticket di assistenza.

4. Responsabilità organizzativa
Anche gli attori coinvolti sono diversi. La Brand Experience è solitamente affidata a figure come i brand manager, i chief marketing officer (CMO) e le agenzie creative, che lavorano sul posizionamento e sull’immagine del brand.

La Customer Experience è invece responsabilità di figure più operative e trasversali, come il Chief Experience Officer (CXO), i team di service design, i reparti di operations, i call center e gli addetti nei punti vendita o di assistenza diretta.

4. Perché sono entrambe vitali

Capire le differenze tra Brand Experience e Customer Experience è importante. Ma ancor più cruciale è comprendere che entrambe sono indispensabili per costruire una relazione profonda e duratura con i clienti. Ogni esperienza svolge un ruolo specifico nel generare valore, e solo integrandole si può ottenere un vantaggio competitivo reale.

1. Fedeltà emotiva
La Brand Experience ha il potere di creare un legame identitario tra la persona e il brand. Quando una marca riesce a trasmettere valori in cui le persone si riconoscono, si sviluppa un senso di appartenenza che va oltre il prodotto. Inoltre, una BX forte consente di giustificare un prezzo premium, perché il cliente non sta comprando solo una funzionalità, ma un significato.

Dall’altro lato, la Customer Experience rafforza questa fedeltà dimostrando coerenza: quando il cliente percepisce che la promessa fatta dal brand è effettivamente mantenuta nei fatti (nell’uso quotidiano del servizio o del prodotto), la fiducia cresce.

2. Passaparola (Word of Mouth)
La Brand Experience stimola la condivisione di storie e simboli legati al marchio: persone che parlano della marca perché rappresenta qualcosa di più grande, perché li ispira, li diverte o li emoziona.

La Customer Experience, invece, genera narrazioni quotidiane, spesso molto dirette: racconti di esperienze eccezionalmente positive o, al contrario, frustranti. Questi racconti influenzano enormemente la reputazione dell’azienda nel breve termine.

3. Barriere competitive
Una BX forte costruisce distintività: consente a un brand di emergere rispetto ai competitor, anche quando i prodotti sono simili. In un mercato di “me-too” (copie di modelli già visti), essere percepiti come unici diventa vitale.

La CX, invece, costruisce barriere psicologiche al cambiamento. Quando un cliente si trova bene, conosce i processi, riceve risposte rapide e ha fiducia nel servizio, sarà molto meno incline a cambiare fornitore, anche se altrove potrebbe risparmiare qualcosa.

4. Ricavo a vita del cliente (Customer Lifetime Value – CLV)
Una buona Brand Experience aumenta la predisposizione del cliente all’up-selling, ovvero all’acquisto di versioni superiori, accessori o servizi aggiuntivi. Questo accade perché la marca ha già conquistato la fiducia e il cliente è pronto a “salire di livello”.

Contemporaneamente, una Customer Experience ben progettata riduce il tasso di abbandono (attrition) e favorisce relazioni continuative, come abbonamenti o contratti a lungo termine, che aumentano il valore complessivo generato da ogni cliente nel tempo.

Infine, è utile ricordare che numerose ricerche internazionali – tra cui studi pubblicati su Harvard Business Review e i benchmark di Forrester – mostrano come le aziende che investono congiuntamente in BX e CX crescano quasi il doppio più velocemente rispetto a quelle che si concentrano solo su uno dei due aspetti.

5. Dove s’incontrano: sinergie chiave

Ci sono aree strategiche in cui Brand Experience (BX) e Customer Experience (CX) non solo si sfiorano, ma si rafforzano a vicenda. Attivare queste sinergie significa generare coerenza tra ciò che il brand promette e ciò che il cliente realmente vive.

1. Brand Promise e Customer Journey Mapping
È fondamentale usare i pilastri della marca (brand pillars) come criteri per individuare e migliorare i momenti più importanti del customer journey, cioè i “momenti che contano”. Un modo efficace per farlo è organizzare workshop congiunti tra i team marketing e quelli del servizio clienti, accompagnati da blueprint dei servizi che mettano in evidenza i touchpoint più critici per la promessa del brand.

2. Voice of Customer e Brand Storytelling
Le opinioni e i feedback raccolti dai clienti (attraverso survey, recensioni, social listening) non dovrebbero restare confinati nei reparti operativi. Possono diventare contenuti di marca autentici, capaci di arricchire lo storytelling aziendale. Un calendario editoriale ben costruito può includere queste testimonianze reali, rafforzando la credibilità e l’identità del brand.

3. Employee Experience
I dipendenti sono l’anello di congiunzione vivente tra ciò che il brand vuole comunicare e ciò che i clienti percepiscono. Per questo, l’onboarding e la formazione devono essere ispirati al purpose della marca. Inoltre, è importante che gli indicatori di performance (KPI) relativi alla CX siano inclusi nei sistemi di valutazione e incentivazione interna.

4. Design System Unificato
Un design coerente – che si tratti di interfacce digitali (UI), retail fisici, packaging o tone of voice nei canali di contatto – aiuta a trasmettere un’identità chiara e continua. Questo si ottiene attraverso un sistema di design (DesignOps) con una governance trasversale e strumenti condivisi come pattern library e playbook di servizio.

5. Dashboard condivise
Per garantire una visione unificata dell’esperienza, le aziende dovrebbero integrare le metriche tipiche di BX (come equity e reputazione) con quelle di CX (soddisfazione, effort, NPS) in un’unica dashboard. Questo richiede infrastrutture dati avanzate, come Customer Data Platform (CDP) o data lake, in grado di collegare informazioni da CRM, survey e analytics. È utile anche adottare sistemi di misurazione degli obiettivi (OKR) che tengano insieme entrambi i mondi.

6. Best practice operative per l’integrazione

Integrare davvero Brand Experience (BX) e Customer Experience (CX) non è un esercizio teorico: è un lavoro strategico e operativo che richiede strumenti, processi e soprattutto una cultura aziendale orientata alla coerenza. Le aziende che ci riescono non solo offrono esperienze più memorabili, ma generano un vantaggio competitivo sostenibile. Ecco alcune pratiche concrete che possono aiutare a realizzare questa integrazione.

6.1 Creare un Brand-CX Council (comitato congiunto)
Una delle prime mosse efficaci consiste nell’istituire un team interfunzionale – il Brand-CX Council – che riunisca le principali figure coinvolte nei due ambiti. Mi riferisco in particolar modo ai:

    • Chief Marketing Officer (CMO);
    • Chief Experience Officer (CXO);
    • Responsabili delle Risorse Umane (HR);
    • Chief Information Officer (CIO).

Questo consiglio dovrebbe incontrarsi regolarmente – almeno una volta al mese – per confrontarsi su insight provenienti dai clienti, progetti in corso e indicatori di performance condivisi. L’obiettivo è allineare strategia di marca e qualità dell’esperienza lungo tutto il customer journey.

6.2 Sperimentare con un “pilot di marca in azione”
Prima di ridisegnare l’intera esperienza del cliente, può essere utile iniziare da un micro-journey, cioè un piccolo tratto del percorso del cliente particolarmente significativo. Un esempio concreto potrebbe essere l’onboarding digitale (la prima esperienza d’uso di un servizio digitale da parte del cliente). L’idea è di ripensare ogni dettaglio – testi, toni, tempi, interfacce – affinché rifletta lo stile, i valori e la promessa del brand. Al termine, è importante misurare l’impatto: sia in termini di percezione della marca sia di indicatori CX come il Net Promoter Score (NPS).

6.3 Passare dallo storytelling allo story-doing
Troppe aziende parlano di loro stesse in modo brillante, ma non riescono a offrire esperienze coerenti con ciò che raccontano. Un’integrazione reale tra BX e CX richiede di dimostrare prima con i fatti, poi di raccontarli. Ad esempio, se un brand afferma di mettere il cliente al centro, è fondamentale che la sua politica di reso sia semplice, rapida e trasparente. Solo dopo averlo dimostrato con la CX, quel valore potrà diventare parte credibile della comunicazione.

Il cliente crede a ciò che vive, non solo a ciò che sente dire.

6.4 Usare la tecnologia come abilitatore, non come punto di partenza
Oggi molte aziende si affrettano a installare strumenti tecnologici come piattaforme di Experience Management, CRM avanzati o soluzioni di Journey Orchestration. Ma non mi stancherò mai di ripetere che la tecnologia non deve essere il driver: Ma deve essere utilizzata come un fattore abilitatante che entra in gioco dopo aver chiarito i pilastri di marca e le aspettative dei clienti. Se si parte dai tool e non dalla strategia, si rischia quella che viene chiamata “tool-first syndrome“: una corsa agli strumenti senza una vera direzione.

6.5 Investire nella formazione e nel potenziamento delle persone
Nessuna strategia BX/CX può funzionare senza il coinvolgimento attivo delle persone. È fondamentale che tutti – in particolare i team a contatto diretto con il pubblico – ricevano formazione continua. Ad esempio, corsi di “alfabetizzazione di marca” (brand literacy) possono aiutare gli operatori a comprendere i valori e la personalità del brand, per poi rifletterli in ogni interazione.

Allo stesso tempo, i team devono essere formati sul service recovery, cioè su come gestire e trasformare un reclamo o un disservizio in un’opportunità di relazione positiva. In questi momenti della verità, e tutti gli addetti ai lavori omrai lo sanno, un operatore di front-office rappresenta la marca meglio di qualsiasi campagna pubblicitaria.

7. Conclusioni

In un mondo in cui i clienti sono sempre più informati, esigenti e connessi, costruire un’esperienza forte e coerente è diventato fondamentale per qualsiasi brand che voglia durare nel tempo.

Ma per riuscirci davvero, non basta lavorare bene su un solo fronte.

Da una parte, la Brand Experience definisce ciò che l’azienda promette di essere: è l’identità, lo stile, il tono con cui si presenta, i valori che comunica, le emozioni che vuole suscitare. È la visione aspirazionale, la narrazione strategica che guida tutto il resto.

Dall’altra parte, la Customer Experience dimostra ciò che l’azienda è realmente ogni giorno, nei fatti: è ciò che il cliente vive, tocca, sperimenta nel dialogo quotidiano con il brand – dai tempi di risposta all’efficacia del servizio, dalla facilità d’uso dei canali digitali alla competenza del personale.

La vera eccellenza nasce solo quando questi due elementi – promessa e realtàsi incontrano e si rafforzano a vicenda. Quando il brand racconta qualcosa di chiaro e distintivo… e poi lo mantiene (o addirittura lo supera, come spesso amo suggerire) in ogni punto di contatto con il cliente.

Ma questo tipo di coerenza non si crea da sola.

Richiede:

    • governance condivisa, cioè collaborazione tra i vari dipartimenti aziendali;
    • insight unificati, per ascoltare davvero la voce del cliente e capire come si evolve;
    • e soprattutto una cultura interna forte, che metta al centro l’esperienza – prima quella dei collaboratori, poi quella dei clienti.

In sintesi: investire contemporaneamente in Brand Experience e Customer Experience non è unaspesa doppia, ma un moltiplicatore di valore.

Allineare identità e prestazione genera fiducia, rafforza la fedeltà, riduce l’abbandono e attiva un circolo virtuoso di crescita sostenibile.

Perché quando una marca è credibile e l’esperienza è memorabile, i clienti non solo tornanoma raccontano.

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Roberto Bernabò
Roberto Bernabò è un consulente senior esperto in Customer Experience Design, con oltre dieci anni di esperienza nel supportare aziende di diversi settori nel migliorare le proprie performance attraverso strategie customer-centriche. Autore del libro "Emozioni che vendono – Come creare una Customer Experience memorabile per il tuo brand nell’era dell’industria 5.0", è riconosciuto per la sua capacità di integrare analisi dei dati, design strategico e innovazione tecnologica, con un focus particolare sull’impiego dell’intelligenza artificiale per elevare la qualità dell’esperienza cliente. Scrupoloso e orientato ai risultati, si distingue per la padronanza delle best practice legate al Customer Journey Design e alla gestione dei touchpoint, intervenendo con metodo per ottimizzare processi interni e aumentare efficienza, produttività e redditività. Il suo approccio consulenziale è guidato da un mix equilibrato di rigore analitico e visione creativa, finalizzato alla costruzione di relazioni solide e durature tra brand e clienti. Dotato di una spiccata capacità di problem solving e di una visione sistemica dei modelli organizzativi, affronta ogni sfida con lucidità strategica, accompagnando le imprese in percorsi concreti di trasformazione e crescita.

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